L’assemblea on line di ieri (domenica 26 ottobre) indetta dalla TIR per fare il punto sulla “tregua” in corso a Gaza e su quali sono le prospettive e i compiti di lotta qui, è cominciata, naturalmente, con la denuncia dell’operazione repressiva avvenuta sabato a Napoli, una brutale rappresaglia contro un’azione di solidarietà alla Palestina e contro militanti dell’area internazionalista. Dei militanti arrestati, Mimì, Dario e Francesco, è stata chiesta unanimemente l’immediata liberazione! [Nella foto, la conferenza stampa che si è tenuta sabato mattina a Napoli, in contemporanea con la nostra assemblea, davanti alla Mostra d’Oltremare.]
L’assemblea è pienamente riuscita. Per partecipazione (più di 100 compagne/i tra collegamenti individuali e collettivi); per la qualità degli interventi degli organismi che vi hanno preso parte (Docenti per Gaza, Ferrovieri contro la guerra, Gpi, Handala, SI Cobas, Uds, Rete della conoscenza, Rete Libere/i di lottare contro stato di guerra e di polizia, era presente anche Ultima Generazione); per i collegamenti internazionali (Liberazione comunista dalla Grecia, Partido Obrero dall’Argentina, il SEP dalla Turchia); per i contenuti espressi; per la tensione a rilanciare con forza la mobilitazione per la Palestina libera dal fiume al mare e contro il governo Meloni, da abbattere nelle piazze; nonché per gli impegni di lavoro che ne sono scaturiti – a partire dall’Assemblea nazionale contro la legge Gasparri e l’equiparazione tra antisionismo e antisemitismo.
Uno dei terreni principali di azione emersi dall’Assemblea – come è stato ribadito anche nelle conclusioni – è la lotta vera (che è altra cosa da quella messa in scena) contro il governo Meloni: per la sua totale complicità con Israele e i suoi piani genocidari; per la stretta poliziesca e intimidatoria che sta mettendo in atto contro i movimenti di lotta e i militanti anticapitalisti e internazionalisti anche attraverso l’uso del decreto-sicurezza; per le sue decisioni in materia sociale, a cominciare dalla legge finanziaria, cucita addosso agli interessi dei profitti e delle rendite, della classe capitalistica, in spregio ai bisogni operai e popolari.
Qui di seguito l’introduzione all’assemblea, del compagno Eddy.
Compagne, compagni, dobbiamo cominciare questa assemblea con la denuncia di quanto è accaduto ieri a Napoli, alla Mostra d’Oltremare. Lì è avvenuto un vero e proprio agguato a freddo della polizia, di tipo cileno, contro le attiviste e gli attivisti di Napoli per la Palestina, che ha portato all’arresto di Mimì, Dario e Francesco, ora rinchiusi nel carcere di Secondigliano, e alla identificazione di decine di manifestanti.
Eravamo lì al PharmaExpo per denunciare l’israeliana TEVA e la complicità della industria italiana, dello stato e del governo italiani nel genocidio in corso a Gaza e nella pulizia etnica in Cisgiordania. Avevamo aggirato le ingenti misure di sicurezza predisposte per impedire qualsiasi contestazione. Quella della polizia è stata una vile rappresaglia scattata con manganellate, calci e pugni quando stavamo andando via. Come ha detto in un comunicato il SI Cobas di Napoli, questa rappresaglia vuole intimidire e colpire i pro-Pal, e al tempo stesso vuole intimidire chi si oppone alla politica di guerra e di macelleria sociale del governo Meloni.
Non si tratta solo di Napoli. Gli interventi della polizia nei giorni scorsi a Roma, a Torino, a Bologna, il foglio di via per Mohammad Hannoun, presidente dell’API, la fretta con cui le destre vogliono far approvare il DDL Gasparri che equipara in modo provocatorio l’antisionismo all’antisemitismo, non lasciano dubbi: la risposta governativa e statale alle grandissime giornate di lotta del 3 e del 4 ottobre è l’intensificazione della repressione.
Non ci facciamo intimidire! Rivendichiamo l’immediata libertà per Mimì, Dario e Francesco, e chiediamo a tutti di assumere questo compito, come stiamo facendo in questi minuti in piazza con una conferenza stampa. Avviamo questa assemblea con ancora maggiore determinazione a continuare la nostra lotta a sostegno della resistenza del popolo palestinese, e a saldarla alla lotta contro la politica anti-operaia e anti-popolare del governo Meloni, per arrivare a buttarlo giù dalle piazze, perché se aspettiamo che lo facciano il parlamento e le elezioni si fa notte…
A pochi giorni dalla presentazione al mondo intero del “piano di pace” di Trump per il Medio Oriente atteso (a sentire lui) da tremila anni, è evidente che quella in corso in Palestina è solo una fragile tregua. Una tregua che lo stato di Israele non voleva, e che ha già più volte sfacciatamente violato, con i bombardamenti su Gaza, sul Libano, sullo Yemen, intensificando le operazioni in Cisgiordania e approvando alla Knesset l’incorporazione della Cisgiordania stessa. Della pace in Palestina non c’è neppure l’ombra! Non può esserci pace in Palestina fin che resta in piedi l’occupazione coloniale sionista-occidentale di questa terra.
Ma sarebbe davvero ingenuo pensare che l’amministrazione Trump sia scesa in campo con tanta determinazione ed esposizione pubblica per poi consentire ad uno Smotrich o ad un Ben Gvir quasiasi di far cadere nel nulla il suo “piano”. Il piano di Trump, nella misura in cui si può parlare di un vero e proprio piano, è talmente ambizioso da prevedere la possibilità di coinvolgere anche l’Iran e Hamas (sia pure smilitarizzato). Corrisponde alla necessità degli Stati Uniti, che non coincide perfettamente con gli interessi dello stato sionista, di mantenere in vita e cercare di rafforzare gli storici legami di alleanza con i regimi arabi. Seppur lentamente, il mondo arabo sta slittando verso l’Asia, che è divenuta l’acquirente di almeno la metà del petrolio saudita. Gli Stati Uniti hanno il bisogno urgente di mettersi di traverso alla crescente influenza cinese e russa in tutta l’area. Nel piano colonialista e schiavista presentato da Trump e dai suoi non c’è posto alcuno per la libertà e per l’auto-determinazione del popolo palestinese. Per questo deve essere ovunque denunciato per quello che è, anche se le forze della resistenza palestinese sembrano muoversi, formalmente, all’interno di esso, in un contesto ancora indeterminato che, tuttavia, non consente in alcun modo di affermare che questa “tregua” consiste in una “Oslo 2”.
Per i palestinesi di Gaza la tregua era assolutamente necessaria – un momento di respiro dopo due anni di criminale mattanza. In questi due anni il popolo palestinese e le forze della sua resistenza armata, pur straziati e decimati dalle bombe, dalla fame e dalle malattie, hanno dato al mondo intero una prova leggendaria di dignità, di resilienza, di organizzazione infliggendo a Israele colpi che non aveva mai subito nelle precedenti guerre. E forse il colpo più duro per Israele non sono stati le migliaia di soldati caduti, le decine di migliaia di feriti e di disturbati mentali, le decine di suicidi tra i piloti carnefici, la fuga definitiva da Israele di decine di migliaia di suoi cittadini impauriti o disgustati, la disorganizzazione delle strutture produttive – il colpo più duro è stato il crollo della sua immagine nel mondo. Oggi centinaia di milioni di sfruttati e oppressi nel mondo vedono la natura coloniale, razzista, suprematista dello stato sionista, e sono schierati dalla parte del popolo palestinese, della Palestina. Mai come ora la Palestina, nella sua storia secolare di lotta al colonialismo, è diventata la patria di tutte le masse oppresse e sfruttate del mondo coscienti di sé. In tutto il mondo si grida nelle piazze, a milioni, che la Palestina dovrà essere libera dal fiume al mare, e sarà libera dal fiume al mare. E nulla, nulla, potrà impedirlo.
Anche in Italia, finalmente, c’è stato nelle scorse settimane un enorme allargamento della mobilitazione di massa per la Palestina con lo sciopero generale del 3 ottobre e l’oceanico corteo di Roma del 4 ottobre. Siamo tra quelli che già dai giorni immediatamente successivi al 7 ottobre del 2023 sono scesi in campo consapevoli che l’intero apparato di distruzione e di morte sionista-occidentale si sarebbe mobilitato per infliggere all’audacia rivoluzionaria mostrata dalla resistenza palestinese una punizione feroce. Siamo stati parte attiva di tante dimostrazioni, a cominciare da quella di Ghedi del 21 ottobre 2023; dei quattro scioperi della logistica organizzati dal SI Cobas in quasi totale isolamento; e delle tante azioni tese a spezzare i legami di interessi materiali, politici e culturali tra Italia e Israele, a cominciare da quella contro la Mekorot, e poi dal blocco dei porti di Genova e Salerno fino alle iniziative contro Leonardo, Fincantieri e, appunto, PharmaExpo.
Si tratta, ora, di dare continuità a questa mobilitazione facendo fronte alla crescente criminalizzazione della solidarietà alla Palestina che si sta affermando in tutta Europa, sulla scia di quanto è già accaduto negli Stati Uniti con l’amministrazione Trump, e la piena complicità dei democratici, anch’essi filo-sionisti, compresi i cosiddetti “socialisti” Sanders e Ocasio Cortes.
- Ciò significa mobilitarsi contro il DDL Gasparri che, equiparando anti-sionismo ad anti-semitismo, pretende dare un colpo mortale alla mobilitazione per la Palestina, attraverso pene esemplari per chi oserà mettere in discussione l’operato di Israele e, tanto più, l’esistenza di questo stato coloniale, e attraverso l’obbligo di delazione in particolare nelle scuole, per colpire ogni forma di critica del sionismo – come hanno affermato le Docenti per Gaza.
Questa è un’ulteriore blindatura dello stato di polizia e di guerra dopo l’approvazione dell’ultimo decreto sicurezza Mattarella-Meloni, e siamo chiamati a contrastarla con decisione. Per questo, insieme alla Rete Libere/i di lottare, intendiamo organizzare a breve un’assemblea nazionale nella quale respingere la proditoria identificazione tra anti-sionismo e anti-semitismo, e chiamare il movimento pro-Palestina ad assumere in pieno, oltre la denuncia del DDL, la lotta contro di esso.
- Un fattore di importanza decisiva nella continuazione della mobilitazione al fianco del popolo palestinese sarà il nuovo sciopero generale indetto dall’insieme del sindacalismo di base per il 28 di novembre. Dobbiamo riconoscere che, se si fa eccezione per alcune migliaia di lavoratori della logistica in larghissima parte immigrati, il proletariato industriale non ha fatto molto, finora, per dare forza alla mobilitazione per la Palestina. Qualcosa è cambiato negli ultimi tempi, in Italia, in Grecia, in Spagna con gli scioperi generali. Ma ancora non siamo arrivati a quella centralità della classe operaia nel movimento per la Palestina a cui aspiriamo.
Per questo ci prefiggiamo di lavorare pancia a terra per il prossimo mese, anche con iniziative locali, per allargare il più possibile, molto al di là dei confini delle organizzazioni del sindacalismo di base, la presa di coscienza e la partecipazione operaia e proletaria allo sciopero e alle mobilitazioni. Lo faremo mostrando che la lotta contro il genocidio in Palestina, la lotta – da rilanciare!! – perché finisca il macello in corso tra NATO e Russia in Ucraina, e la lotta contro una finanziaria di sacrifici e di guerra com’è quella che il governo delle destre ha predisposto per il 2026, sono due facce della stessa medaglia.
C’è una vasta sofferenza sociale per decenni di politiche anti-proletarie, per la dilagante e umiliante precarietà del lavoro e della vita, per lo strapotere padronale sui luoghi di lavoro che ha prodotto un record di morti e di infortuni, per il montante razzismo contro le popolazioni immigrate, per la propaganda sessista delle forze di governo e per le politiche di distruzione dei residui presidi a tutela delle donne, per la repressione sempre più asfissiante, per la militarizzazione delle scuole e delle università, e dobbiamo lavorare perché tutta questa sofferenza, tutto questo malcontento sociale si esprimano con la lotta e nella lotta ai padroni e al governo. Perché le giornate del 28 e 29 ottobre segnino un salto di quantità e di qualità della mobilitazione operaia e sociale, e perché questa mobilitazione si dia l’obiettivo di abbattere il governo Meloni dalle piazze.
- Infine, non certo per ultimo, stiamo lavorando – come Tendenza internazionalista rivoluzionaria – al massimo rafforzamento dei legami tra le forze internazionaliste presenti in tanti paesi del mondo, e al massimo coordinamento tra le mobilitazioni in corso a scala internazionale per la Palestina, contro la corsa al riarmo e alla guerra inter-imperialista, di cui il genocidio in Palestina e il macello in Ucraina sono parte. Il nostro obiettivo è costituire un campo proletario totalmente indipendente dai due schieramenti contrapposti – nessuna illusione su nessuno stato del capitale!
Per questo oggi avremo in questa assemblea i compagni e le compagne di Liberazione comunista dalla Grecia, del SEP dalla Turchia, del Partido Obrero dall’Argentina. Per noi l’internazionalismo di classe non è solo un principio, è una vitale pratica concreta.
Questo è tutto, molto in breve.
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