La novità positiva degli ultimi giorni è l’improvvisa crescita dei numeri alle manifestazioni “per Gaza” di Genova e Venezia. A Genova decine di migliaia, a Venezia-Lido alcune migliaia. Benché il movimento di solidarietà con il popolo palestinese resti in Italia enormemente indietro rispetto alla Gran Bretagna, alla Francia, alla Grecia, qualcosa si muove nel senso di una maggiore partecipazione.
Cosa ha determinato questo cambiamento?
Il fattore di primaria importanza è stata l’azione sterminista del governo Netanyahu e dell’IDF che è andata, come ferocia, al di là di ogni limite. Nonostante il massacro sistematico di giornalisti, la macchina di morte sionista non è riuscita ad occultare i suoi crimini. Né ha potuto evitare che, con il tempo, essi risultassero insopportabili a molti/e, specie quando ai bombardamenti si sono aggiunte la carestia procurata e i massacri delle persone in cerca di cibo. Questo osceno spettacolo ha generato in un’area sociale più ampia del solito il desiderio, e perfino l’urgenza, di dire: stop genocidio! E di dirlo nelle piazze.
Ben venga questo allargamento. Era ora! C’è un gran ritardo da recuperare. Per due anni abbiamo faticato come muli a far accettare che a Gaza fosse in atto un genocidio; a far capire che viene da lontano (non dal 7 ottobre); e, ancor più, a far comprendere che il terrorismo è tutto e solo dal lato dello stato coloniale, suprematista, razzista di Israele, e di quanti – come stato e governo italiano – lo riforniscono e sostengono. Tanto per Genova e Venezia quanto per tutta l’Italia rivendichiamo di essere stati tra i pochi a muoverci da subito sfidando, anche in solitudine, l’apparato dei mass media graniticamente schierato dalla parte dello stato di Israele, per seminare i semi della solidarietà di classe, internazionalista non solo con il popolo palestinese, ma anche con la resistenza palestinese (non è la stessa cosa). Rivendichiamo, poi, di avere svolto insieme con il SI Cobas, l’organizzatore degli scioperi per la Palestina più significativi, e con la parte più militante delle associazioni palestinesi, un’azione volta a colpire gli interessi sionisti, le imprese italiane fornitrici di armi a Israele, a bloccare – purtroppo solo in parte – alcuni porti, ad alimentare la campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani, a sostenere quei militanti che sono stati colpiti per la loro solidarietà alla causa palestinese.
Questa incessante attività, nostra e di quanti (organismi e singoli) sentono la causa della liberazione nazionale e sociale dei palestinesi come la propria causa, ha tenuto accesa l’attenzione su quello che stava accadendo in Palestina e in Medio Oriente. In questo modo abbiamo arato il terreno per l’allargamento della mobilitazione. Ma abbiamo potuto farlo, a nostra volta, per la straordinaria forza della resistenza palestinese, che ha convocato le piazze di mezzo mondo (silenti soprattutto quelle di Russia, Cina, Egitto ed altri paesi arabi) a gridare forte contro Israele e i suoi alleati di ferro Stati Uniti / NATO / Unione europea. Non abbiamo mai cessato di chiamare in causa il governo Meloni, la Leonardo, la Fincantieri, la macchina massmediatica delle menzogne filo-sioniste, spesso in un isolamento duro da sopportare – prodotto anche da chi oggi sostiene che “non si può più negare che si tratti di un genocidio” (un anno fa, invece, perché lo negavate?).
Benvenute, dunque, le piazze di Genova e di Venezia molto più partecipate del solito! Abbiamo finalmente una platea più ampia, in buona parte giovanile e femminile, con cui interagire – una massa ancora limitata, che però comincia a scuotersi dall’apatia e dalla rassegnazione.
Ma non è oro tutto quel che luccica: questo vale sia per le piazze, sia per la Global Sumud Flotilla.
Tanto a Genova che a Venezia, infatti, è stato evidente l’impegno organizzativo, e diciamo pure: la direzione, di settori del Pd, della CGIL, dell’associazionismo cattolico, dell’area intorno ad AVS, delle forze che si aggregano nell’opposizione di centro-sinistra al governo delle destre, scese in campo – parliamo degli apparati – con finalità che hanno poco o nulla a che vedere con la vera solidarietà alla Palestina.
Ciò che muove queste forze è altro. Anzitutto, la consapevolezza che è presente oggi nella società un sentimento di ripulsa, di orrore verso l’azione del governo Netanyahu, che potrebbe anche evolvere in un sostegno militante alla causa della liberazione della Palestina – e ciò andrebbe contro gli interessi del capitalismo italiano e dello stato italiano, legati a mille fili ad Israele. Per Schlein, Conte, Landini, i campioni senza valore di AVS e i loro tirapiedi, la maturazione di questo sentimento umanitario in direzione della vera solidarietà con gli oppressi della Palestina è un pericolo da sventare. Dopo un lungo, vergognoso silenzio si stanno facendo avanti, quindi, per assumersene – con prudenza – la rappresentanza. Una carta elettorale e propagandistica contro il governo Meloni, assai più allineato di loro con l’asse Washington-Tel Aviv. Una strizzata d’occhi al residuo sionismo liberale presente in Israele e, soprattutto, la proposta di un ruolo dell’Europa più autonomo dagli Stati Uniti nella “questione palestinese” (e in generale).
Sì, anche il crescente attrito tra l’Unione europea e gli Stati Uniti è all’origine di alcuni timidi passi delle “sinistre” europee e di alcuni governi europei (Spagna, Francia, G.B.), nel senso di smarcarsi dall’attuale direzione dello stato di Israele e da Trump: vedi il grottesco riconoscimento dello “stato palestinese”, dopo aver consentito per decenni alle forze sioniste di renderlo materialmente impossibile. Queste forze cercano di ridurre l’impatto negativo dell’operato dello stato sionista sull’Europa, ed in particolare sull’Italia, marcando una presunta diversità dell’una e dell’altra. Noi italiani-europei siamo brava gente…
C’è anche chi, come i Cinquestelle di Conte, si spinge oltre, e prospetta un’Europa che rifiuta, almeno in parte, la corsa alla guerra, e si colloca – anche nella guerra tra NATO e Russia in Ucraina – per la “pace”, per le trattative, per la soluzione diplomatica di tutti i conflitti bellici in corso. E, senza esporsi troppo, accenna che sarebbe utile all’Italia e all’Europa ricucire i rapporti commerciali e di “amicizia” con la Russia, la Cina e i Brics. Sicché quando le forze che abbiamo visto alla testa della manifestazione di massa a Genova o dell’alleanza “pacifista” di Bruxelles dicono “per Gaza”, bisogna intendere: per l’Italia, per l’Europa. Non a caso Salis, la neo-sindaca Pd di Genova, rivendica a questo schieramento il vero patriottismo, contrapposto al nazionalismo “gridato ma non praticato” dal governo Meloni…
Altrettanto ambivalente è l’iniziativa della Global Sumud Flotilla.
Non c’è dubbio: essa aiuta a socializzare su più larga scala l’esistenza di un genocidio in atto. Come ha scritta Dalia Ismail, la si può addirittura ritenere, in questo senso, “fondamentale: non perché rappresenti tutti noi, ma perché costringe la parte ipocrita, ritardataria e distratta del mondo a guardare il genocidio”. Essa cade, inoltre, in un momento in cui l’asse Washington-Tel Aviv è scatenato nel portare a termine la distruzione totale di Gaza City. Quindi l’effetto-disturbo è certo. E potrebbero esserci reazioni sioniste molto dure contro questa spedizione: l’annuncio di Ben Gvir (“li tratteremo come terroristi”) lo lascia credere. Per queste ragioni, e perché a Barcellona, a Genova, ad Atene si è manifestata un’attenzione di massa verso questa “impresa”, seguiremo con piena partecipazione il suo svolgimento. Siamo al fianco della Sumud Flotilla.
Ma ciò non ci impedisce di vedere i pesanti aspetti critici di questa iniziativa. Per quanto la simpatica Greta Tunberg lo neghi (“i palestinesi non hanno bisogno che arriviamo noi a salvarli”), tutta la propaganda intorno ad essa è all’insegna dei “salvatori bianchi”. Come nelle manifestazioni di Genova e Venezia, nessuno spazio è stato lasciato ai palestinesi. E tanto meno alla loro straordinaria resistenza. I palestinesi sono le vittime che hanno bisogno del nostro generoso aiuto, non il soggetto collettivo capace da 80 anni di tenere testa a uno degli eserciti più potenti, equipaggiati e foraggiati nel mondo. Il martirio palestinese non è la punta dell’iceberg del colonialismo d’insediamento sionista e dell’azione dell’imperialismo occidentale in Medio Oriente, ma un problema “umanitario” da trattare con le ONG e la donazione di aiuti.
Ancora la Ismail: “il problema è un ordine mondiale che condanna i palestinesi al silenzio e alla marginalità, perfino quando si parla di loro”. Qualche volta accade anche di peggio: nella conferenza stampa con il presidente della Biennale a Venezia, il portavoce di Pax Christi non ha mancato di parlare dei “terroristi” di Hamas…
Detto ciò, l’iniziativa della Sumud Flotilla sta comunque determinando un evidente allargamento della mobilitazione in più paesi europei, con una reale potenzialità internazionalista. Al di là delle intenzioni dei suoi organizzatori, ha rilanciato l’esigenza di una solidarietà attiva e militante al popolo palestinese contro i macellai sionisti, di una lotta reale contro i governi europei e le forze politiche istituzionali – comprese quelle che oggi aspirano a rifarsi una verginità, ma da sempre, in nome delle “esigenze di sicurezza” di Israele, appoggiano l’occupazione coloniale sionista con tutti i suoi orrori, genocidio compreso.
Ora la Global Sumud Flotilla è davanti ad una grossa incognita, probabilmente sottovalutata: cosa farà il governo Netanyahu? “Se toccano uno dei nostri, blocchiamo l’Italia, blocchiamo l’Europa!”, abbiamo sentito dire da più d’uno, a Venezia e a Genova. E qui ritorna, pur nella lodevole intenzione di lotta, che condividiamo, il marchio bianco (“i nostri”…) che invece critichiamo. Conosciamo bene entrambi i porti, per averci manifestato davanti e dentro. E, per non raccontare balle al pubblico ignaro, dobbiamo ammettere di non essere mai riusciti a fermare il porto di Venezia (anche quando c’era una nave sospetta di trasportare armi – un presidio non è un blocco del porto). Quanto a quello di Genova, la sola giornata di effettivo blocco è stata quella del 25 giugno dello scorso anno – di cui siamo stati parte attiva.
Per dare vita a uno sciopero capace di colpire sul serio gli interessi capitalistici e il giro d’affari degli armamenti a favore dei macellai sionisti, non basta proclamarlo: occorre un duro lavoro di sensibilizzazione e di attivazione della massa dei lavoratori, che finora è rimasta in gran parte alla finestra di fronte al genocidio. D’altronde, i ben quattro scioperi generali indetti finora dal SI Cobas in quasi totale solitudine, da noi sostenuti con convinzione, ci dimostrano che almeno nei settori più combattivi della classe lavoratrice (come nel caso della logistica) non siamo proprio all’anno zero…
Proprio per questo, salutiamo positivamente queste intenzioni di dare finalmente battaglia con l’arma dello sciopero e del blocco delle merci, facendo notare che un impegno in questa direzione va assunto indipendentemente dagli esiti della spedizione a Gaza. Perché anche qualora, come auspichiamo, le imbarcazioni della Sumud Flottilla passasero indenni dallo sbarramento preparato da Netanyahu e dai killer dell’IDF e riuscissero addirittura a consegnare i generi di prima necessità alla popolazione di Gaza, lo sterminio dei palestinesi non si fermerà. Ed è per fermare il genocidio e per sconfiggere il colonialismo d’occupazione che vanno indirizzate e incanalate le crescenti forze di cui disponiamo: con un vero sciopero generale che abbia come suo obbiettivo primario il blocco del traffico marittimo diretto a Israele, coordinato su scala nazionale e internazionale. Le iniziative degli ultimi mesi in vari scali europei mostrano che questo obbiettivo è, almeno in parte, praticabile: a condizione che tutte le componenti del sindacalismo combattivo (ovunque collocate) uniscano le proprie forze a tale scopo, mettendo da parte ogni logica di primogenitura e di marketing.
Per quanto ci riguarda, siamo e saremo in piazza a sostegno della Flotilla, contro ogni azione di intimidazione e di repressione da parte dello stato e dell’esercito sionista. Per rilanciare, come sempre, la difesa incondizionata del popolo e della resistenza palestinese, i primi tra i nostri, la fine dell’occupazione sionista, per una Palestina libera dal fiume al mare, per costruire un fronte internazionale capace di dare battaglia ovunque al capitalismo, ai suoi orrori, alle sue guerre.
3 settembre
Tendenza internazionalista rivoluzionaria
On the demonstrations in Genoa, Venice, and the Global Sumud Flotilla
The positive news in recent days is the sudden increase in numbers at the “for Gaza” demonstrations in Genoa and Venice. In Genoa, tens of thousands, in Lido Venice, a few thousand. Although the solidarity movement with the Palestinian people remains significantly behind in Italy compared to Great Britain, France, and Greece, something is shifting towards greater participation.
What has caused this change?
The factor of primary importance was the exterminating action of the Netanyahu government and the IDF which went beyond all limits in terms of ferocity. Despite the systematic slaughter of journalists, the Zionist killing machine has failed to cover up its crimes. Nor has it been able to prevent that, over time, they will be unbearable to many, especially when the famine intentionally caused and the massacres of people in search of food have been added to the bombings. This obscene spectacle has generated in a wider social area than usual the desire, and even the urgency, to say: stop genocide! And to say it in the squares.
This enlargement is welcome. It was about time! There is a great delay to make up. For two years we have struggled like mules to get people to accept that genocide was taking place in Gaza; to make it clear that it comes from afar (not since 7 October); and, even more, to make people understand that terrorism is all and only on the side of the colonial, supremacist, racist state of Israel, and of those – like the Italian state and government – which supply and support it. Both for Genoa and Venice and for the whole of Italy we claim to have been among the few to move immediately, defying, even in solitude, the apparatus of the mass media granitically lined up on the side of the state of Israel, to sow the seeds of internationalist class solidarity, not only with the Palestinian people, but also with the Palestinian resistance (it is not the same thing). We also claim to have carried out, together with the SI Cobas, the organizer of the most significant strikes for Palestine, and with the most militant part of the Palestinian associations, an action aimed at hitting Zionist interests, the Italian companies supplying arms to Israel, to block – unfortunately only in part – some ports, to fuel the boycott campaign of Israeli products, to support those militants who have been targeted for their solidarity with the Palestinian cause.
This incessant activity, ours and those (organizations and individuals) who feel the cause of the national and social liberation of the Palestinians as their own cause, kept the attention on what was happening in Palestine and in the Middle East. In this way we have ploughed the ground for the expansion of the mobilization. But we were able to do it, in turn, thanks to the extraordinary strength of the Palestinian resistance, which has summoned the squares around the world (especially silent ones in Russia, China, Egypt, and other Arab countries) to shout loudly against Israel and its iron allies, the United States / NATO / European Union. We have never ceased to call into question the Meloni government, Leonardo, Fincantieri, and the mass media machinery of pro-Zionist lies, often in a hard isolation to endure – produced also by those who today claim that ‘it can no longer be denied that this is genocide’ (a year ago, why did you deny it?).
Welcome, then, to the squares of Genoa and Venice, which are much more participated than usual! We finally have a broader audience, largely youthful and female, with whom to interact – a still limited mass, but one that is beginning to shake off apathy and resignation.
But not all that glitters is gold: this applies both to the squares and to the Global Sumud Flotilla.
In both Genoa and Venice, in fact, the organizational commitment has been evident, and let’s say it frankly: the leadership, of sectors of the Democratic Party, the CGIL, Catholic associations, the area around AVS (Alliance Green-Left), and the forces that are gathering in the center-left opposition to the right-wing government, have stepped onto the field – we’re talking about the apparatuses – with aims that have little or nothing to do with genuine solidarity for Palestine.
What drives these forces is something else. First of all, the awareness that there is a feeling of repulsion, of horror towards the actions of the Netanyahu government in society today, which could even evolve into militant support for the cause of Palestinian liberation – and this would go against the interests of Italian capitalism and the Italian state, which are tied by a thousand threads to Israel. For Schlein, Conte, Landini, the worthless champions of AVS and their lackeys, the maturation of this humanitarian sentiment towards true solidarity with the oppressed of Palestine is a danger to be thwarted. After a long, shameful silence, they are now stepping forward to cautiously assume representation of it. An electoral and propaganda card against the Meloni government, which is much more aligned than they are with the Washington-Tel Aviv axis. A wink to the residual liberal Zionism present in Israel and, above all, the proposal for a more autonomous role for Europe from the United States in the ‘Palestinian issue’ (and in general).
Yes, the growing friction between the European Union and the United States is also behind some timid steps by the ‘left’ in Europe and some European governments (Spain, France, U.K.) to distance themselves from the current direction of the state of Israel and Trump: see the grotesque recognition of the ‘Palestinian state’, after having allowed for decades for the Zionist forces to make it materially impossible. These forces seek to reduce the negative impact of the actions of the Zionist state on Europe, and particularly on Italy, by marking a supposed diversity between the two. We Italians-Europeans are good guys…
There are also those, like the Five Star Movement of Conte, who go further and envision a Europe that partially rejects the rush to war, positioning itself – even in the war between NATO and Russia in Ukraine – for ‘peace’, for negotiations, for a diplomatic solution to all ongoing military conflicts. And, without exposing themselves too much, they hint that it would be useful for Italy and Europe to mend commercial and ‘friendship’ relations with Russia, China, and the Brics. So, when the forces that we have seen at the forefront of the mass demonstration in Genoa or the ‘pacifist’ alliance in Brussels say ‘for Gaza’, it must be understood as: for Italy, for Europe. It is no coincidence that Salis, the newly elected Pd mayor of Genoa, claims that this coalition embodies true patriotism, in contrast to the ‘shouted but not practiced’ nationalism of the Meloni government…
Equally ambiguous is the initiative of the Global Sumud Flotilla. There is no doubt: it helps to socialize on a larger scale the existence of an ongoing genocide. As Dalia Ismail wrote, it can even be considered, in this sense, ‘fundamental: not because it represents all of us, but because it forces the hypocritical, lagging, and distracted part of the world to look at the genocide.’ This falls, moreover, at a time when the Washington-Tel Aviv axis is unleashed in completing the total destruction of Gaza City. Thus, the disruptive effect is certain. And there could be very harsh Zionist reactions against this expedition: Ben Gvir’s announcement (‘we will treat them as terrorists’) suggests this. For these reasons, and because in Barcelona, in Genoa, in Athens there has been a mass attention towards this ‘enterprise’, we will follow its development with full participation. We stand with the Sumud Flotilla.
But this does not prevent us from seeing the heavy critical aspects of this initiative. As much as the likable Greta Thunberg denies it (‘the Palestinians do not need us to come save them’), all the propaganda surrounding it is in the name of ‘white saviours‘. As in the demonstrations in Genoa and Venice, no space has been given to the Palestinians. And even less to their extraordinary resistance. The Palestinians are the victims who need our generous help, not the collective subject capable, for 80 years, of standing up to one of the most powerful, equipped, and funded armies in the world. Palestinian martyrdom is not the tip of the iceberg of Zionist settlement colonialism and Western imperialism’s actions in the Middle East, but a ‘humanitarian’ issue to be dealt with NGOs and the donation of aid.
Ismail continues: ‘The problem is a world order that condemns Palestinians to silence and marginality, even when they are talked about.’ Sometimes even worse happens: at the press conference with the president of the Biennale in Venice, the spokesperson for Pax Christi did not fail to talk about the ‘terrorists’ of Hamas…
That said, the initiative of the Sumud Flotilla is in any case determining a clear expansion of the mobilization in more European countries, with a real internationalist potential. Beyond the intentions of its organizers, it relaunched the need for an active and militant solidarity with the Palestinian people against the Zionist butchers, for a real struggle against European governments and institutional political forces – including those who today aspire to regain their virginity, but always, in the name of Israel’s “security needs”, They support the Zionist colonial occupation with all its horrors, including genocide.
Now the Global Sumud Flotilla is facing a big unknown, probably underestimated: what will the Netanyahu government do? “If they touch one of ours, we block Italy, we block Europe!”, we have heard more than one say, in Venice and Genoa. And here returns, despite the laudable intention of struggle, which we share, the white brand (“ours”…) that we criticize instead. We know both ports well, having demonstrated in front of us and inside. And, in order not to tell lies to the unsuspecting public, we must admit that we have never been able to stop the port of Venice (even when there was a ship suspected of carrying weapons – a garrison is not a blockade of the port). As for the one in Genoa, the only day of partial effective blockade was that of June 25 last year – of which we were an active part.
To give life to a strike capable of seriously affecting capitalist interests and the arms business in favor of the Zionist butchers, it is not enough to proclaim it: it is necessary to do hard work to raise awareness and activate the mass of workers, who until now have remained largely at the window in the face of genocide. The four general strikes called so far by SI Cobas in almost total solitude, which we have supported with conviction, show us that at least in the most combative sectors of the working class (as in the case of logistics) we are not exactly at year zero…
That is why we positively welcome these intentions to finally take action with the weapon of strike and the blockade of goods, noting that a commitment in this direction must be made regardless of the outcome of the mission to Gaza. Because even if, as we hope, the boats of the Sumud Flotilla were to pass unscathed through the blockade set up by Netanyahu and the IDF killers and even manage to deliver essential goods to the people of Gaza, the extermination of Palestinians will not stop. And it is to stop the genocide and to defeat the colonialist occupation machine that the increasing forces at our disposal must be directed and channelled – with a real general strike aimed primarily at blocking maritime traffic directed to Israel, coordinated on a national and international scale. The initiatives in recent months at various European ports show that this goal is, at least in part, feasible: provided that all components of combatant trade unionism (located anywhere) unite their forces for this purpose, putting aside any logic of primogeniture and marketing.
As far as we are concerned, we are and will be in the square in support of the Flotilla, against any acts of intimidation and repression by the Zionist state and army. To reaffirm, as always, the unconditional defence of the Palestinian people and resistance, the first among us, the end of Zionist occupation, for a Palestine free from the river to the sea, to build an international front capable of battling capitalism, its horrors, and its wars everywhere.
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Qui di seguito la traduzione (con due piccoli ritocchi) che il giornale del Partido Obrero dell’Argentina, Prensa Obrera, ha messo in rete già nella giornata di ieri.
Sobre las manifestaciones en Génova, Venecia y la Flotilla Global Sumud (da “Prensa Obrera”)
Tendencia Internacionalista Revolucionaria de Italia
La noticia positiva de los últimos días es el repentino aumento del número de participantes en las manifestaciones “por Gaza” en Génova y Venecia. En Génova, decenas de miles; en Lido de Venecia, unos pocos miles. Aunque el movimiento de solidaridad con el pueblo palestino sigue estando muy por detrás en Italia en comparación con Gran Bretaña, Francia y Grecia, algo está cambiando hacia una mayor participación.
¿Qué ha provocado este cambio?
El factor de mayor importancia ha sido la acción exterminadora del Gobierno de Netanyahu y las Fuerzas de Defensa de Israel, que ha superado todos los límites en cuanto a ferocidad. A pesar de la matanza sistemática de periodistas, la máquina de muerte sionista no ha logrado ocultar sus crímenes. Tampoco ha podido evitar que, con el tiempo, resulten insoportables para muchos, sobre todo cuando a los bombardeos se han sumado la hambruna provocada intencionadamente y las masacres de personas en busca de alimentos. Este espectáculo obsceno ha generado en un ámbito social más amplio de lo habitual el deseo, e incluso la urgencia, de decir: ¡basta de genocidio! Y de decirlo en las plazas.
Esta ampliación es bienvenida. ¡Ya era hora! Hay un gran retraso que recuperar. Durante dos años hemos luchado como mulas para que la gente aceptara que se estaba produciendo un genocidio en Gaza; para dejar claro que viene de lejos (no desde el 7 de octubre); y, más aún, para que la gente comprendiera que el terrorismo está todo y solo del lado del Estado colonial, supremacista y racista de Israel, y de aquellos —como el Estado y el Gobierno italianos— que lo abastecen y apoyan. Tanto en Génova y Venecia como en toda Italia, afirmamos haber sido de los pocos que se movieron de inmediato, desafiando, incluso en soledad, al aparato de los medios de comunicación de masas alineados de forma inflexible con el Estado de Israel, para sembrar las semillas de la solidaridad internacionalista de clase, no solo con el pueblo palestino, sino también con la resistencia palestina (que no es lo mismo). También afirmamos haber llevado a cabo, junto con el SI Cobas, organizador de las huelgas más significativas por Palestina, y con la parte más militante de las asociaciones palestinas, una acción destinada a golpear los intereses sionistas, las empresas italianas que suministran armas a Israel, a bloquear —por desgracia solo en parte— algunos puertos, a alimentar la campaña de boicot a los productos israelíes, a apoyar a los militantes que han sido objeto de represalias por su solidaridad con la causa palestina.
Esta actividad incesante, la nuestra y la de aquellos (organizaciones e individuos) que sienten la causa de la liberación nacional y social de los palestinos como propia, mantuvo la atención sobre lo que estaba sucediendo en Palestina y en Oriente Medio. De esta manera, hemos preparado el terreno para la expansión de la movilización. Pero hemos podido hacerlo, a su vez, gracias a la extraordinaria fuerza de la resistencia palestina, que ha convocado a las plazas de medio mundo (porque las plazas de Rusia, China, Egipto y otros países árabes se han quedado desafortunadamente en silencio) para gritar en voz alta contra Israel y sus aliados de hierro, Estados Unidos, la Otan y la Unión Europea. Nunca hemos dejado de cuestionar al gobierno de Meloni, a Leonardo, a Fincantieri y a la maquinaria mediática de mentiras pro sionistas, a menudo en un duro aislamiento difícil de soportar, producido también por aquellos que hoy afirman que “ya no se puede negar que se trata de un genocidio” (hace un año, ¿por qué lo negaban?).
¡Bienvenidos, pues, a las plazas de Génova y Venecia, que están mucho más concurridas de lo habitual! Por fin tenemos un público más amplio, en gran parte joven y femenino, con el que interactuar, una masa aún limitada, pero que está empezando a sacudirse la apatía y la resignación.
Pero no es oro todo lo que reluce: esto se aplica tanto a las plazas como a la Flotilla Global Sumud.
Tanto en Génova como en Venecia, de hecho, el compromiso organizativo ha sido evidente, y digámoslo francamente: los líderes de sectores del Partido Demócrata, la CGIL, las asociaciones católicas, el entorno de AVS (Alianza Verde-Izquierda) y las fuerzas que se están reuniendo en la oposición de centroizquierda al gobierno de derecha han entrado en escena —nos referimos a los aparatos— con objetivos que poco o nada tienen que ver con la solidaridad genuina con Palestina.
Lo que impulsa a estas fuerzas es otra cosa. En primer lugar, la conciencia de que existe un sentimiento de repulsa, de horror hacia las acciones del gobierno de Netanyahu en la sociedad actual, que podría incluso evolucionar hacia un apoyo militante a la causa de la liberación palestina, lo que iría en contra de los intereses del capitalismo italiano y del Estado italiano, que están vinculados por mil hilos a Israel. Para Schlein, Conte, Landini, los inservibles campeones de AVS y sus lacayos, la maduración de este sentimiento humanitario hacia la verdadera solidaridad con los oprimidos de Palestina es un peligro que hay que frustrar. Tras un largo y vergonzoso silencio, ahora dan un paso al frente para asumir con cautela su representación. Una carta electoral y propagandística contra el gobierno de Meloni, mucho más alineado que ellos con el eje Washington-Tel Aviv. Un guiño al sionismo liberal residual presente en Israel y, sobre todo, la propuesta de un papel más autónomo de Europa respecto a Estados Unidos en la “cuestión palestina” (y en general).
Sí, la creciente fricción entre la Unión Europea y Estados Unidos también está detrás de algunos tímidos pasos de la “izquierda” en Europa y de algunos gobiernos europeos (España, Francia, Reino Unido) para distanciarse de la actual dirección del Estado de Israel y de Trump: véase el grotesco reconocimiento del “Estado palestino”, después de haber permitido durante décadas que las fuerzas sionistas lo hicieran materialmente imposible. Estas fuerzas buscan reducir el impacto negativo de las acciones del Estado sionista en Europa, y en particular en Italia, marcando una supuesta diversidad entre ambos. Nosotros, los italianos-europeos, somos los buenos…
También hay quienes, como el Movimiento Cinco Estrellas de Conte, van más allá y conciben una Europa que rechaza parcialmente la carrera hacia la guerra, posicionándose —incluso en la guerra entre la Otan y Rusia en Ucrania— a favor de la “paz”, de las negociaciones, de una solución diplomática a todos los conflictos militares en curso. Y, sin exponerse demasiado, insinúan que sería útil para Italia y Europa restablecer las relaciones comerciales y de “amistad” con Rusia, China y los Brics. Así que cuando las fuerzas que hemos visto al frente de la manifestación masiva en Génova o la alianza “pacifista” en Bruselas dicen “por Gaza”, hay que entenderlo como: por Italia, por Europa. No es casualidad que Salis, el recién elegido alcalde del PD de Génova, afirme que esta coalición encarna el verdadero patriotismo, en contraste con el nacionalismo “gritado pero no practicado” del gobierno de Meloni.
Igualmente ambigua es la iniciativa de la Flotilla Global Sumud. No hay duda: ayuda a socializar a mayor escala la existencia de un genocidio en curso. Como escribió Dalia Ismail, incluso puede considerarse, en este sentido, “fundamental: no porque nos represente a todos, sino porque obliga a la parte hipócrita, rezagada y distraída del mundo a mirar el genocidio”. Esto ocurre, además, en un momento en que el eje Washington-Tel Aviv se ha desatado para completar la destrucción total de la ciudad de Gaza. Por lo tanto, el efecto disruptivo es seguro. Y podría haber reacciones sionistas muy duras contra esta expedición: el anuncio de Ben Gvir (“los trataremos como terroristas”) así lo sugiere. Por estas razones, y porque en Barcelona, en Génova, en Atenas ha habido una atención masiva hacia esta «empresa», seguiremos su desarrollo con plena participación. Estamos con la Flotilla Sumud.
Pero esto no nos impide ver los aspectos críticos de esta iniciativa. Por mucho que la simpática Greta Thunberg lo niegue (“los palestinos no necesitan que vayamos a salvarlos”), toda la propaganda que la rodea se hace en nombre de los “salvadores blancos”. Al igual que en las manifestaciones de Génova y Venecia, no se ha dado espacio a los palestinos. Y menos aún a su extraordinaria resistencia. Los palestinos son las víctimas que necesitan nuestra generosa ayuda, no el sujeto colectivo capaz, durante 80 años, de plantar cara a uno de los ejércitos más poderosos, equipados y financiados del mundo. El martirio palestino no es la punta del iceberg del colonialismo sionista y las acciones del imperialismo occidental en Oriente Medio, sino una cuestión “humanitaria” que debe ser tratada por las ONG y la donación de ayuda.
Ismail continúa: “El problema es un orden mundial que condena a los palestinos al silencio y la marginalidad, incluso cuando se habla de ellos”. A veces ocurre algo aún peor: en la rueda de prensa con el presidente de la Bienal de Venecia, el portavoz de Pax Christi no dejó de hablar de los “terroristas” de Hamás…
Dicho esto, la iniciativa de la Flotilla Sumud está determinando, en cualquier caso, una clara expansión de la movilización en más países europeos, con un potencial internacionalista real. Más allá de las intenciones de sus organizadores, ha relanzado la necesidad de una solidaridad activa y militante con el pueblo palestino contra los carniceros sionistas, para una lucha real contra los gobiernos europeos y las fuerzas políticas institucionales, incluidas aquellas que hoy aspiran a recuperar su virtuosidad, pero que siempre, en nombre de las “necesidades de seguridad” de Israel, apoyan la ocupación colonial sionista con todos sus horrores, incluido el genocidio.
Ahora la Flotilla Global Sumud se enfrenta a una gran incógnita, probablemente subestimada: ¿qué hará el gobierno de Netanyahu? “Si tocan a uno de los nuestros, bloqueamos Italia, bloqueamos Europa”, hemos oído decir a más de uno, en Venecia y Génova. Y aquí vuelve, a pesar de la loable intención de lucha, que compartimos, la marca blanca (“los nuestros”…) que, en cambio, criticamos. Conocemos bien ambos puertos, habiendo manifestado delante y dentro de ellos. Y, para no mentir al público desprevenido, debemos admitir que nunca hemos sido capaces de bloquear el puerto de Venecia (ni siquiera cuando había un barco sospechoso de transportar armas: una guarnición no es un bloqueo del puerto). En cuanto al de Génova, el único día de bloqueo parcial efectivo fue el 25 de junio del año pasado, en el que participamos activamente.
Para dar vida a una huelga capaz de afectar seriamente a los intereses capitalistas y al negocio de las armas a favor de los carniceros sionistas, no basta con proclamarla: es necesario trabajar duro para concienciar y movilizar a la masa de trabajadores, que hasta ahora se han mantenido en gran medida al margen ante el genocidio. Las cuatro huelgas generales convocadas hasta ahora por SI Cobas en soledad casi total, que hemos apoyado con convicción, nos muestran que al menos en los sectores más combativos de la clase obrera (como en el caso de la logística) no estamos exactamente en el año cero…
Por eso acogemos positivamente estas intenciones de pasar finalmente a la acción con el arma de la huelga y el bloqueo de mercancías, señalando que hay que comprometerse en esta dirección independientemente del resultado de la misión a Gaza. Porque incluso si, como esperamos, los barcos de la Flotilla Sumud logran atravesar ilesos el bloqueo establecido por Netanyahu y los asesinos del ejército israelí, e incluso consiguen entregar bienes esenciales al pueblo de Gaza, el exterminio de los palestinos no se detendrá. Y es para detener el genocidio y derrotar a la maquinaria colonialista de ocupación que deben dirigirse y canalizarse las crecientes fuerzas de que disponemos, con una verdadera huelga general destinada principalmente a bloquear el tráfico marítimo dirigido a Israel, coordinada a escala nacional e internacional. Las iniciativas de los últimos meses en varios puertos europeos demuestran que este objetivo es, al menos en parte, factible: siempre que todos los componentes del sindicalismo combativo (ubicados en cualquier lugar) unan sus fuerzas para este fin, dejando de lado cualquier lógica de primogenitura y marketing.
Por nuestra parte, estamos y estaremos en la plaza en apoyo de la Flotilla, contra cualquier acto de intimidación y represión por parte del Estado y el ejército sionistas. Para reafirmar, como siempre, la defensa incondicional del pueblo palestino y la resistencia, los primeros entre nosotros, el fin de la ocupación sionista, por una Palestina libre desde el río hasta el mar, para construir un frente internacional capaz de luchar contra el capitalismo, sus horrores y sus guerras en todas partes.
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